SICILIA SEGRETA
È stato più tardi, arrivando in Sicilia per la prima volta, che mi sono reso conto di come l´apporto dei tedeschi alla creazione del marzipan si fosse limitato alla glassatura al cioccolato.
di Stefano Malatesta
Se mi è concessa una memorietta di molto tempo fa, il marzipan, quello di Lubecca, glassato al cioccolato, un nome che tradisce immediatamente l´origine italiana, ha il potere di rievocare epici viaggi attraverso l´Europa fatti in gioventù: per esempio ritorni dai Paesi scandinavi in Seicento, dopo soddisfacenti, ma faticose vacanze, con i soldi contati per la benzina e soste per dormire in auto lungo le autostrade della Germania che erano ancora quelle fatte costruire da Hitler.
Anche l´alimentazione era stata studiata in base alle ristrette possibilità finanziarie, dovute alle spese eccessive sostenute nei locali notturni di Stoccolma: ci sostentavamo con le barrette di pasta di mandorle, che avevano il vantaggio di costare poco, di essere altamente nutrienti ed energetiche e di avere un sapore squisito. I tedeschi lo presentavano e lo presentano ancora come una delle loro glorie gastronomiche, la risposta del nord anseatico allo strudel di mele della Baviera o alla sachertorte di Vienna. La sua fama di essere il dolce più ricercato dai bambini per il suo straordinario sapore e la particolare dolcezza era talmente diffusa già due secoli fa, che nella storia di Hänsel e Gretel dei fratelli Grimm la capanna nel bosco abitata dalla strega, immaginata per essere la più desiderabile possibile, è fatta di marzapane.
È stato più tardi, arrivando in Sicilia per la prima volta, che mi sono reso conto di come l´apporto dei tedeschi alla creazione del marzipan si fosse limitato alla glassatura al cioccolato. Quella meraviglia di Lubecca, fasciata nelle confezioni tedesche con i colori della città, non era altro che una delle varietà di un dolce talmente siciliano da diventare stucchevole: la pasta reale portata di peso tale e quale in Germania e fatta passare come una sofisticata leccornia locale. La scoperta della ricetta - una certa quantità di mandorle dolci pestate in una casseruola insieme a mandorle amare e allo zucchero e un po´ di cannella - si deve secondo la tradizione alle monache di clausura del convento della Martorana.
Fino a qualche anno fa era ancora possibile andare a bussare alla porta di qualcuno di questi monasteri e comperarvi fantastiche architetture barocche che si reggevano su fantastici pilastri di zucchero e zucca candita, come il trionfo della gola e altre leccornie indimenticabili. Ma con più probabilità la trasformazione della mandorla attraverso lo zucchero viene direttamente dal Medio Oriente, un´invenzione importata in Sicilia durante l´invasione araba. Comunque sia andata, la ricetta si sparse da Palermo in tutta la Sicilia e venne adottata e interpretata secondo i gusti locali e la qualità delle mandorle (famose quelle di Avola).
Oggi la pasta reale si può ritrovare in un´infinità di dolci, adoperata come il cuore del prodotto al quale bisogna arrivare per gustare tutta la sua dolcezza. Ma sostanzialmente si divide in due grandi categorie: la prima è quella detta della “Martorana”, dove la pasta reale prende le forme di tutti i frutti presenti al mercato, dall´albicocca alla nespola, dal fico d´India al mandarino e via imitando. La seconda è quella degli agnelli pasquali, in piedi o accosciati, di diverse dimensioni e posture, che vanno dai più piccoli lunghi pochi centimetri a quelli giganteschi che una volta si mettevano al centro delle immense tavole dei palazzi aristocratici duranti i festini pasquali. Questi agnelli sono talmente ben fatti che molte volte uno esita a frantumarli perché si ha l´impressione di danneggiare una piccola opera d´arte e rimangono nelle case ammuffiti e in parte sgretolati senza che nessuno abbia il coraggio di buttarli via.
La pasticceria Magrì di Palermo, che fa alcuni dei biscotti più straordinari che abbia mai assaggiato, fa anche gli agnelli più spettacolari, vere opere di scultura che troneggiano nelle case di molti palermitani.