BISENTI, BORGO DEL DOLCE
Il piccolo centro nel Teramano offre vari tesori culinari di rilevata importanza
Salve amici:
L'Abruzzo, una regione ricca di tradizioni culinarie, è famosa per la sua cucina semplice ma gustosa. Ogni città e paese abruzzese ha i suoi piatti tradizionali, e oggi ci concentriamo su Bisenti, un affascinante comune abruzzese che vanta due dolci tradizionali ed unici nel suo genere. In questo articolo esploreremo la storia, le ricette e altre informazioni pertinenti. Tra l’altro, io sono particolarmente legato a questo piccolo centro montanto avendo speso qui i miei primi quattro anni di scuola elementare.
Iniziamo con le ciambelle.
La storia di questo dolce affonda le sue radici nelle tradizioni secolari di Bisenti, un pittoresco paese situato nella provincia di Teramo. Questo dolce è conosciuto localmente come "ciambelle di Bisenti" ed è una delle specialità più amate della regione. Le origini di questa prelibatezza risalgono a tempi antichi, quando le massaie del paese preparavano queste ciambelle per celebrare le occasioni speciali come matrimoni, feste religiose e festività locali. La ricetta delle ciambelle di Bisenti è relativamente semplice e richiede ingredienti comuni che possono essere facilmente reperiti.
Ecco gli ingredienti principali e il procedimento per preparare questo dolce delizioso:
Ingredienti:
500 grammi di farina 00
200 grammi di zucchero semolato
150 grammi di burro, possibilmente senza sale aggiunto
3 uova, freschissime
Scorza grattugiata di un limone
Un pizzico di sale marino
Olio di semi di girasole per friggere
Procedimento:
In una ciotola, mescolate la farina, lo zucchero, il burro fuso, le uova, la scorza di limone grattugiata e un pizzico di sale.
Impastate gli ingredienti fino a ottenere una consistenza omogenea. Se necessario, aggiungere un po' di farina o di acqua per ottenere la consistenza desiderata.
Coprite l'impasto con un canovaccio e lasciarlo riposare per circa 30 minuti.
Dividete l'impasto in piccole porzioni e formare delle ciambelle.
In una padella, scaldate abbondante olio di semi di girasole.
Friggete le ciambelle fino a quando diventano dorati su entrambi i lati.
Scolate le ciambelle su carta assorbente per eliminare l'olio in eccesso.
Servite le buonissime ciambelle di Bisenti spolverate con zucchero a velo.
Suggerimento: Le ciambelle di Bisenti sono caratterizzate dalla loro forma rotonda e il tipico buco al centro, che le rende perfette per essere inzuppate nel vino dolce o nel caffè. Questo dolce è noto per la sua consistenza leggera e il sapore delicato, grazie all'uso di ingredienti di alta qualità come il burro fresco e la scorza di limone.
Cos'è il dolce Tatu di Bisenti?
Il Tatu’e’ un antichissimo dolce Bisentino, ossia che arriva da Bisento, un paese collinare di 2000 + anime che leggenda vuole abbia dato i natali a Ponzio Pilato. Oggi appartenente alla provincia di Teramo, in Abruzzo, vanta una tradizione culinaria davvero ricca. Tra i suoi dolci spicca, appunto, il Tatù, che ha reso questo paese famoso in tutt’Italia. In passato era fatto col miele e solo da qualche secolo è stato arricchito anche con il cacao. I tatù sono rombi fatti con un impasto di ingredienti genuini come il cacao, il cioccolato fondente, il tuorlo d’uovo e le mandorle. E la stessa farina, che è bianca, sì, ma scelta solitamente nella sua versione nobile, grano tenero biologico macinato ‘a pietra’.
Era una ricetta usata dalle classi popolari, perché la particolarità di questi biscotti è che, mentre appena confezionati sono molto duri, si ammorbidiscono con il passare del tempo e possono essere conservati fino ad un anno, in un barattolo di vetro. Oggi sono diventati una preparazione per becchifini, e naturalmente sono state messe a punto diverse varianti golose, tra cui quelle al rum. Famosi oramai nel mondo i tatù del mastro cioccolatiere Ezio Centini, che li racconta come “un pane azzimo molto simile al pampepato ricoperto di cioccolata con una virgola bianca sopra che si chiama estozoi, spermatozoo“.
Nella ricetta c’è anche il vino cotto, un prodotto tipico dell’Abruzzo e delle Marche, dove il mosto dei vitigni autoctoni come la Malvasia viene fatto cuocere il grossi calderoni di rame, poi mischiato col mosto fresco e infine messo a invecchiare in botte per almeno due anni. Infine i tatù sono aromatizzati con la scorza del limone e la cannella, quella spezia fatta di fogli di corteccia arrotolati e infilati uno dentro l’altro, che fa tanto profumo di Natale.
Ed è proprio a Natale, infatti, che una volta si portavano in tavola i tatù, ma potrai benissimo prepararli tutto l’anno.
Ingredienti:
1 kg di farina bianca 00
500 g di zucchero, semolato
1 kg di miele, biologico
250 g di cacao misto con cioccolato fondente
6 tuorli d'uovo
1 bicchiere di vino cotto
800 g di mandorle tostate e tritate
2 bustine di cannella
La buccia grattugiata di un limone
Per la glassa:
200 g di cioccolato fondente
400 g di zucchero
Istruzioni:
In una grande ciotola, mescola la farina, lo zucchero, il cacao e le mandorle tritate.
In una pentola, scalda il miele a fuoco medio fino a quando diventa liquido. Versa il miele caldo nella ciotola con gli ingredienti secchi e mescola bene fino a ottenere un impasto omogeneo.
Aggiungi i tuorli d'uovo, il vino cotto, la cannella e la buccia grattugiata di limone. Continua a mescolare fino a incorporare completamente gli ingredienti.
Copri l'impasto con un canovaccio e lascialo riposare per almeno 2 ore a temperatura ambiente.
Prendi porzioni di impasto e forma dei rombi con le mani leggermente infarinate. Disponi i rombi su una teglia foderata con carta da forno.
Inforna i tatù in forno pre-riscaldato a 180°C per circa 20-25 minuti, o finché non risultano dorati.
Mentre i tatù si raffreddano, prepara la glassa facendo fondere il cioccolato fondente a bagnomaria. Aggiungi lo zucchero e mescola fino a ottenere una consistenza liscia e omogenea.
Una volta che i tatù sono completamente raffreddati, spalmali con la glassa al cioccolato usando una spatola o un coltello.
Lascia indurire la glassa prima di servire i tatù.
I tatù possono essere conservati in un barattolo di vetro ermeticamente chiuso per diversi mesi e si ammorbidiscono con il passare del tempo, sviluppando il loro sapore caratteristico. Sono tradizionalmente serviti durante le festività natalizie, ma possono essere gustati tutto l'anno come delizioso dolce abruzzese.
Da tener presente che le ricette possono variare leggermente da famiglia a famiglia o da cuoco a cuoco. buona cucina a tutti. WP
{Tatu’ Image Accreditazion via Tesori d’Abruzzo}
Negli antichi testi arrivati fino a noi Bisenti viene descritta come una delle tante colonie greche. Al confine con Cermignano, sarebbe anche esistito un tempio pagano dedicato a Giove. Il nome deriva dalla trascrizione nei registri parrocchiali di due diverse voci latine: Bisemptum (ossia: castello venduto due volte) e Biseptum (ossia: castello tra due corsi d’acqua). In realtà questa denominazione nel corso del tempo ha subito variazioni piuttosto significative: nell’elenco feudale normanno la si trova con il nome di Bisanto, mentre in una bolla di Alessandro III del 1176 si legge addirittura Bifenum. È interessante notare come anche lo stemma comunale, nel tempo, sia mutato.
Attualmente esso è composto da un castello con tre torri, ma non è lo stesso utilizzato nei timbri degli antichi atti comunali. Verso la metà del 1700 le torri erano infatti separate e su quella al centro spiccava una stella a sei punte. Non è possibile stabilire l’epoca in cui la torre maestra fu realizzata, forse fu eretta sulle rovine di una vedetta vestina e posta in posizione strategica, da lì infatti era possibile osservare l’andamento del Fiume Fino e l’intersecarsi di numerose strade. Il paese, posto alla confluenza del fiume Fino con il torrente Fossato, viene anche identificato, in epoca romana, con la ricca Berethra. Dopo la caduta dell’Impero romano, fu conquistata dai Longobardi e nel 1160 circa diventò possedimento di Odorisio, un barone che annoverava tra i suoi feudi anche Bacucco, Trotta e Cupoli.
Dal 1279 il feudo passò agli Acquaviva, per poi divenire proprietà di altre nobili famiglie, come gli Sforza e i Fallerio. Secondo alcuni storici, tra gli ultimi feudatari di Bisenti si possono citare anche gli avi del poeta Gabriele D’Annunzio, che, essendo un cultore delle antiche magnificenze delle nobili e fastose casate, non si è fatto sfuggire il vezzo di inserire qualche rifermato qua e là nelle sue opere. Ad esempio, nelle “Novelle della Pescara”, il poeta scrive:” A Bisenti molte giovinette, con in capo un canestre di grano, conducono per le vie un asino che porta su la groppa maggiore canestra; ed entrano nella chiesa della Madonna degli angeli, cantando…”. Nel XIII secolo i Celestini vi fondarono un monastero, di cui però restano solo alcuni ruderi.
Diverse, invece, le meravigliose chiese che sono arrivate fino a noi, da quella di Santa Maria degli Angeli a quella quattrocentesca di Sant’Antonio Abate, dove si può ammirare la statua del Santo patrono degli animali e la chiesa di San Pietro, situata nell’omonima frazione. Molto caratteristiche sono le piccole vie e le piazze del centro storico, via del Supporto, via Rapigno, via Codacchio e le piazze Vittorio Emanuele, Dante, Regina Margherita. Da menzionare anche l’antica Torre Medievale, unica superstite delle tre torri che si erigevano sulle mura di cinta; la Fonte Vecchia, insieme ai resti dell’antica cisterna, si scorge sotto l’alto muraglione della Piazzetta della Legna, il Belvedere e la Casa badiale realizzata nel XV secolo dagli Acquaviva e appartenuta ai padri Celestini. Bisenti ha dato i natali ad alcuni personaggi illustri, come Bartolomeo da Bisenti, il pittore Quintino Catitti, il poeta e scrittore Lamberto De Carolis, l’artista Ennio Di Vincenzo.
Secondo la leggenda anche Ponzio Pilato sarebbe bisentino di nascita, nella sua presunta abitazione si osserva oggi un pozzo cisterna collegato alla Fonte vecchia attraverso una serie di cunicoli. Originario di Bisenti è anche il servo di Dio Pasqualino Canzii, il giovane seminarista morto a Penne alla tenera età di 15 anni. Oggi Bisenti richiama numerosi turisti soprattutto in occasione delle Festa dell’uva e, grazie ad un fitto passaparola, è conosciuta da molti come un vero e proprio paradiso dell’arte culinaria, curata nei minimi dettagli nei numerosi ristoranti e nelle tante aziende agrituristiche. {1}